La mia storia
Sentivo il bisogno di fare qualcosa di veramente importante, di dedicare la mia vita al prossimo, per contribuire alla costruzione di un mondo migliore. Era il 2012.
Sono nato a Catania nel 1985, da un padre creativo e una madre artista. Sono cresciuto tra alti e bassi, iperattivo, energico, dirompente, ribelle, creativo. Non mi piaceva studiare e nemmeno leggere.
Un giorno ricevo all’improvviso una telefona. Daniele, un amico di comitiva, aveva avuto un incidente con il motorino, coma celebrale. E’ scomparso tre giorni dopo. Aveva 19 anni. Mi sono chiuso in me stesso, ho iniziato a leggere i grandi maestri della spiritualità come il Mathama Gandhi e, soprattutto, il Dalai Lama, cercavo una risposta. Mi ritrovavo in quelle parole di amore e compassione, in cui i sacrifici non ti scalfiscono se ti dedichi al prossimo. Pian piano alimento una volontà che iniziava a crescermi dentro: aiutare il prossimo.
Mi viene in mente di studiare, così mi iscrivo all’Università, Inegneria Edile e Architettura. Mi piace l’idea di costruire per gli altri. Studio ma non troppo, non sono dei migliori, non mi concentro sul voto ma sull’essenza dell’insegnamento. Mi appassiono di architettura ma negli ultimi anni le mie attenzioni vanno altrove, sento il bisogno di condividere quello che stavo imparando con chi non ha avuto la mia stessa fortuna. Volevo dare un senso profondo a tutto questo.
Inizio a studiare diritti umani, sociologia e storia dell’Africa. Volevo fare una esperienza di volontariato alla ricerca di qualcosa che ancora adesso non so definire, così cerco organizzazioni con cui poter partire ma nessuna mi ispira. Era il 2012 e incontro fortuitamente Jali Diabate, un artista e interprete senegalese, in Italia da oltre 10 anni. Ci incontriamo, beviamo un selz (bevanda tipica catanese) e parliamo. Parliamo tanto dei nostri sogni, delle nostre ambizioni, mai scontate, profonde, sincere, alimentate dall’altruismo. Decidiamo di unire le forze per fare del bene iniziando proprio dal suo villaggio natale (Baghere, Senegal), che aveva abbandonato oltre 20 anni prima. Inizio a studiare le ultime materie universitarie con occhi diversi, con uno scopo più grande della laura. Iniziamo a cercare contatti locali, ne troviamo qualcuno e organizziamo un primo sopralluogo nel 2013.
Arriviamo nel villaggio di Sanoufily dove c’erano oltre 1.000 persone ad aspettarci in festa che cantavano una strana canzone in lingua mandinga (etnia di maggioranza della zona) che diceva “noi tutti vogliamo l’acqua dolce”. Mi chiedevo quale fosse il senso dato che ci trovavamo vicino ad un fiume. Facciamo una riunione con i capi villaggi, gli anziani e i mastri spirituali del luogo. La riunione dura diverse ore ed era incentrata su un demone: “il sale”. I cambiamenti climatici avevano devastato l’ecosistema e l’acqua del fiume era diventata salata, contaminando i pozzi e distruggendo i raccolti. Povertà, malnutrizione e malattie erano determinati da questo demone.
Torniamo in Italia e mi rimbocco le maniche, non so da dove iniziare. Inizio a chiedere consigli a persone del settore, coinvolgere professionisti, artisti, docenti, aziende, associazioni… quella cazone rimbomba sempre nella mia testa. Nel 2014 creiamo la Onlus "Balouo Salo", ho chiesto di scegliere il nome a un anziano di un villaggio. In ingua mandinga vuol dire “Un ponte per la vita". All’università mi mancano poche materie e la mia tesi diventa un progetto per aiutare la comunità. Con l’aiuto di 3 meravigliosi docenti (D’Urso, Ghersi e Modica) studio il “demone” e scopro che altro non era che un raro fenomeno ambientale detto “intrusione salina”. Progetto un’infrastruttura molto complessa: una diga che protegge e ristora 10.000 ettari di risiere, dando la possibilità di salvare la vita a 80.000 persone. Mi presento in aula magna per il discorso di laura con un vestito senegalese, per me non era la celebrazione dei miei studi ma l'occasione di portare la voce di una comunità dimenticata. Il presidente di laurea si sorprende, non do spiegazioni e vado avanti per la mia strada, il mio relatore giustifica la mia scelta “estetica”. Quel vestito me lo aveva regalato un sarto del villaggio.
Inizio a raccogliere fondi. Cerco aiuto in ogni angolo del mondo. C’è diffidenza, razzismo, apatia, indifferenza, non pensavo potesse essere così difficile. Non mi scoraggio, ho una missione da compiere e metto da parte qualsiasi opportunità lavorativa. Al villaggio avevo promesso di fare qualcosa e aver sviluppato un progetto ingegneristico di 450 pagine, modello per tutto il sud del Senegal, non era sufficiente. Loro non avrebbero neanche potuto leggere il progetto perché in maggioranza analfabeti. Per loro era importante sconfiggere il demone, non sapere da dove veniva. Volevo e dovevo fare di più.
Pian piano inizio a ricevere i primi aiuti e sostenuto dalla mia compagna e dagli amici più cari, Balouo Salo inizia a crescere. Organizziamo i primi eventi di fundraising. Continuiamo così, puntiamo sempre più in alto. Riceviamo l’aiuto di personaggi illustri e troviamo sempre più coraggio.
Tra il 2015 e il 2017 viaggio in 85 villaggi e formo oltre 50.000 persone sui cambiamenti climatici che hanno causato l’arrivo del demone. Illustro il progetto e raccolgo una lista di 1.500 volontari. Viene organizzata una marcia per sensibilizzare il governo che guarda con indifferenza. La politica inizia a intromettersi sull’attuazione del progetto e a ostacolare gli interessi pubblici. Decido di partire nella capitale per disturbare in prima persona il presidente del Senegal. Mi presento per 15 giorni di fila all’ufficio presidenziale, fino a quando mi buttano fuori. Una guardia mi nota e mi chiede il numero. Il giorno dopo mi chiamano dalla presidenza, denuncio tutto. Incontro 7 ministeri e avviamo un partenariato per l’attuazione del progetto.
Nel 2015 una famiglia senegalese mi adotta, divento un abitante del luogo. Sono “Checikna Diebate” il Griot bianco, ho fratelli, sorelle, nipoti, cugini… Il villaggio mi abbraccia. Si rompono i muri degli stereotipi e pregiudizi. Ho una seconda mamma, una mamma senegalese che mi protegge dalle malfatture. Mi sento incoraggiato, trovo sempre più forza. Vivo per 6-7 mesi l’anno in Senegal con le tutte le difficoltà di una vita da villaggio.Non è affatto semplice. L’acqua sa di terra, si mangia solo riso, c’è povertà, non esiste rete fognaria né idrica, gli ospedali sono lontani, nessuno parla lingue europee, c'è diffidenza. Nel 2018 prendo una brutta infezione, per diversi giorni mi sento mancare, al villaggio tutti vengono a vedere come sto, sembra quasi una processione, forse miracolosamente guarisco. Dicono di pregare ogni giorno per me, mi sento protetto dalle loro preghiere.
Nasce, nel 2017, la mia nipotina, gli danno il nome della mia compagna, Simona, è l’unica a chiamarsi così in tutto il paese. Muore nel 2019 a causa di una Malnutrizione cronica, ha sofferto per mesi. Non ce l'abbiamo fatta a salvarla. Mi sento inutile e la sofferenza mi distrugge. Un animo così piccolo e indifeso non può morire così, non lo accetto. La madre piange insieme a me, sapendo quanto la volessi bene. Perdo un pezzo del mio cuore, ma decido di trasformarlo in nuove motivazioni affinché cose simili non possano più accadere.
Tra il 2017 e il 2019 ho fatto seminari e laboratori didattici a oltre 20.000 bambini in più di 30 scuole del territorio. Abbiamo donato penne e materiale didattico alle scuole per rafforzare il quadro educativo.
Nel 2017 iniziamo a costruire pozzi, scuole e centri medici. I villaggi di Sanoufily, Talicourtou, Kenewal, Moyafara Baghere e tanti altri ancora oggi bevono acqua depurata grazie a noi e i tassi di mortalità e malnutrizione infantile sono notevolmente diminuiti. Suona come un miracolo in una zona con il più alto tasso di malnutrizione infantile. Ristrutturiamo scuole e le riforniamo con banchi prodotti artigianalmente, per permettere a oltre 5.000 minori di seguire in modo adeguato le lezioni. Doniamo tre ecografi che hanno permessso sino ad oggi di aiutare più di 5000 donne a fare consulti ecografici, limitando la mortalità e i parti non assistiti. Nel 2020 costriamo un centro polivalente culturale e museo delle tradizioni, è un’opera mastodontica, costruita senza aziende ma con la comunità e senza materiali inquinanti, solo materiali locali. Oltre 1.000 abitanti dei villaggi partecipano volontariamente ai lavori e creiamo un nostro team di cantiere, "salvando" dalla disoccupazione e della migrazione alcuni giovani, dandogli un posto sicuro. Sensibilizziamo vari ministeri sui nostri progetti e nel 2024 Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica del Senegal ci scrive una lettera di ringraziamento.
Costruiamo un Centro per il contrasto alla malnutrizione infantile dedicato alla mia nipotina scomparsa. Un centro che diventerà luogo di riferimento per tutto il sud del Paese, una eccellenza sanitaria nel cuore della regione dove c'è più mortalità. Vogliamo salvare le vite e ristabilire la dignità di ognuno. Nello stesso anno, avviamo la costruzione di un centro comunitario e nel 2025 abbiamo la costruzione di un centro di formazione delle donne, unico in tutto il sud del paese con un design firmato e donato dalle più grandi firme dell'architettura al mondo.
Parlo dei miei primi anni nel libro Africano : La felicità nel sorriso altrui. Oggi ne sto scrivendo degli altri affinchè la nostra storia possa essere ricordata.
Ogni giorno mi batto per realizzare tanti altri progetti e potrò realizzarli solo unendo le forze con chi ama la vita. Ho scelto di dare un senso diverso alla vita, per dedicarmi ad aiutare il prossimo e mi sono concentrato su quella comunità che mi ama e mi ha adottato, e che è piena di problemi. Non mi pongo limiti e fino a quando ne avrò la forza, punterò a progetti sempre più importanti. C’è veramente tanto da fare, e se nel futuro potrò ridurre la mortalità infantile e delle donne nei parti, aumentare l’istruzione, favorire la crescita economica, aumentare l’aspettativa di vita, beh allora potrò darmi pace.
Racconto di me, della mia Africa, dei miei villaggi, attraverso libri, riunioni, incontri e progetti. Scriverò tanto, amo condividere.
Alcuni mi rimproverano di pensare poco a me stesso, ma si sbagliano. Non c’è cosa più straordinaria che donarsi agli altri. Le sofferenze, i sacrifici, le rinunce non vengono vissute come tali se fatte per qualcuno che ne ha bisogno. Il mio conto in banca ha poche centinaia di euro eppure mi sento l’uomo più ricco e felice del mondo, perché non esiste una ricchezza più grande dell’amore e della solidarietà. E se in qualche modo, con piccole grandi azioni, con le gesta e con le parole, sono riuscito ad alleviare il dolore a qualcuno mi sento realizzato.
La vita ha bisogno di pace, amore, solidarietà e passione. Qualcuno dice che sono attivista, architetto, operatore umanitario, scrittore, artista. Non saprei, forse sono semplicemente Raoul Cheickna Diebate Vecchio, venuto da lontano per diffondere amore e solidarietà.
La mia vita è per i miei villaggi, per la mia comunità, nella mia Africa. ❤
Raoul